Sei un monello o fai il monello?

“Nell’educazione dei figli l’utilizzo del verbo “essere” e del verbo “fare” ha un impatto diverso nella costruzione dell’Idea del Sé di ogni bambino. Utilizzare il verbo corretto aiuta il bambino a diventare un adulto capace di credere in se stesso”
C’è una bella differenza.
Essere e fare.
Due verbi con significati diversi che spesso, per abitudine, vengono usati con lo stesso significato.
Essere afferma ”l’esistenza, l’essenza in sé”, senza altre definizioni. Viene usato per descrivere la natura di una cosa, nella sua identità.
Fare descrive un modo di agire, di comportarsi. Viene usato, ad esempio, per indicare che si compie un’azione, che si assume un atteggiamento o una condotta.
Con i bambini, con gli adolescenti spesso l’adulto confonde il significato di questi due verbi. Oppure non fa attenzione all’utilizzo corretto perché, per abitudine, ha sentito usarli in modo scorretto su di sé.
Oppure perché vuole essere più incisivo e diretto verso la persona che non gli sta dando la giusta considerazione: “così mi ascolterà di più“, facendo senza saperlo, un grave errore.
Essere è un verbo di giudizio, quando uso il verbo essere voglio comunicare che quella persona è proprio così come la descrivo.
Il mio giudizio, dunque, si riferisce proprio alla persona a cui mi sto riferendo, non alla situazione di quel momento.
Fare è un verbo più descrittivo, che descrive la persona in QUEL preciso MOMENTO, senza voler esprimere un giudizio su di essa, ma solo sul suo comportamento.
Quest’errore tuttavia è una distorsione del messaggio comunicativo che avviene anche tra adulti.
In un conflitto tra innamorati, in una discussione tra amici, in una competizione tra colleghi, etc.
Tuttavia la reazione di chi riceve una frase giudicante ed etichettante costruita sul verbo essere è molto simile che sia un adulto, un bambino, un adolescente.
Il senso di inferiorità, di frustrazione, di sentirsi sbagliato, attaccato nella propria identità porta a subire passivamente la critica che, se continua nel tempo, diventa un’auto convinzione e una definizione di se stessi.
Inizio quindi a credere che sia vero, inizio a pensarmi così, inizio a crederci, mi descriverò così in futuro.
Oppure porta ad un senso di rabbia perché mi sento offeso e quindi, prima incasso il colpo, poi recupero le mie armi per difendermi e contrattaccare.
Inevitabilmente si arriva al conflitto, inutile ed estenuante perché ognuno dei due porta le proprie ragioni.
I bambini non reagiscono, perché non sanno ancora se ciò che viene detto loro sia giusto o sbagliato. In realtà credono che ciò che gli adulti di riferimento dicono sia la VERITÀ!
Non mettono in dubbio. Nemmeno le definizioni di loro stessi. E così accumulano una serie di frasi giudicanti “Sei un monello, sei un disordinato, sei un capriccioso, etc.“.
Iniziano a crederci, continuano a sperimentare nei momenti della giornata la loro incapacità di essere “ordinato, ubbidiente, attento, capace di…”: si comportano in modo tale da confermare quella descrizione di se stessi, adeguando il loro comportamento così da sembrare effettivamente “monello, disubbidiente, incapace, etc.”.
Il bambino, che si è sentito ripetere a lungo una descrizione di sé stesso non adeguata, ci crederà e diventerà proprio un “monello”.
Prova a cambiare il modo di comunicare con tuo figlio/a: se userai “fai il…” e non “sei un…”, noterai subito la differenza nella sua reazione!
Prova a cambiare il modo di comunicare con il tuo/a partner: se userai “fai il…” e non “sei un…”, noterai subito come la vostra relazione ne beneficerà.
Ti è mai successo?
Prova a cambiare il verbo “essere” con il verbo “fare” e osserva la sua reazione! Sicuramente noterai la differenza! Tanti genitori mi hanno riportato la loro esperienza e soprattutto la diversa reazione dei loro figli.
E tu? Mi piacerebbe saperlo! Scrivi la tua storia o semplicemente le tue considerazioni nei commenti.



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